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LA CORSA

IL PERCORSO DELLA GARA

 
 
 
 

Il settore Nord orientale delle Dolomiti di Brenta, detto anche sottogruppo della Campa, è un complesso montuoso dal fascino particolare. L'ambiente molto selvaggio e incontaminato ne fa un'oasi ideale per molte specie di fauna alpina, dall'orso bruno al capriolo, dal camoscio alla marmotta, dal gallo cedrone all'aquila reale. In questo splendido teatro domenica 12 luglio 2020, va in scena la quarta edizione della Brenta Wildrace. Gara tosta per skyrunners veri, ma anche un'occasione per attraversare dei luoghi incantati, verdi pascoli, creste vertiginose e panorami sconfinati. Ore 8.30, al centro Sportivo di Campodenno si parte. Inizia subito la salita, che si rivelerà per ora molto corribile. Abbiamo percorso solo un paio di km, siamo ancora freschi. Imbocchiamo il ripido sentiero delle Scalazze. Un'antica via d'accesso alla montagna che ci permette di prendere quota rapidamente attraverso un profondo canyon scavato nella roccia. Saliamo ancora circa un km e improvvisamente tutto cambia. Usciamo dal bosco e attraversiamo i verdi pascoli di Malga Arza. Una strada perfettamente pianeggiante ci conduce alla Malga nonchè secondo ristoro (3,5 km 1507 m). Proseguiamo ancora per qualche centinaio di metri su strada sterrata, fino a giungere a un bivio. Prendiamo a destra e imbocchiamo il sentiero del Parìs. La pendenza non è eccessiva, si può correre per buoni tratti salvo qualche strappetto più impegnativo. Il sentiero lungo circa 3,5 km, ci conduce a Malga Termoncello, dove troviamo il terzo ristoro (7 km. 1860 m). Il panorama si fa interessante. A Nord-est iniziamo a vedere l'alta Val di Non e in lontananza scorgiamo le Dolomiti della Val di Fassa con il Latemar e il Catinaccio in prima fila, mentre a ovest spicca la maestosa catena di vette che dal Passo del Grosté giunge fino al Monte Peller. Il ristoro ci voleva, si riparte. Aggiriamo a est il monte Bastiot attraverso i "cianaloni". Il tracciato alterna delle salite piuttosto ripide a delle brevi discese. Man mano che prendiamo quota lo scenario cambia. Il verde dei larici lascia spazio al grigio della Dolomia. La gara è dura, ma improvvisamente le nostre fatiche vengono ripagate da un magnifico panorama sul gruppo delle Madonnine con l'imponente piramide di Cima Borcola che domina sopra Malga Campa. Scolliniamo infatti sulla Bocchetta della Campa (2040 m). La prima parte della discesa è molto ripida e tecnica, un cordino metallico ci aiuta nei tratti più impegnativi. Dopo un alternanza di brevi salitelle e tratti pianeggianti, arriviamo a Malga Campa dove è collocato il quarto ristoro (10 km 1978 m). Ora ci aspetta l'ultima salita della nostra avventura. Puntiamo l’abbeveratoio e proseguiamo dritti per il sentiero 338 in direzione sella del montoz, che però abbandoneremo tra un kilometro. La vegetazione l'abbiamo lasciata alle spalle, salvo qualche isolato larice temerario e alcuni cespugli di pino mugo. In prossimità di una roccia imbocchiamo la deviazione che sale sul ripido pascolo, al culmine del quale, innumerevoli saliscendi metteranno alla prova gli atleti più tenaci. Dopo circa 1,5 km siamo alla Bocchetta di Val Strangola (quinto ristoro (13,5 km 2257 m). Davanti a noi immensi ghiaioni scendono vertiginosi verso la Valle di Tovel. Ora un sentiero in leggera discesa intervallato da un paio di strappetti, ci conduce rapidamente al Passo degli Inferni. Da qui possiamo già vedere la croce di vetta. Ora inizia il tratto più tecnico e spettacolare dell'intero percorso. Attraversiamo a sinistra il ripido ghiaione che scende verso la Valle degli Inferni, quindi saliamo un paio di ripidi camini, protetti da corde fisse, ed eccoci sulla cresta sommitale del Monte Bastiot. La cresta non è difficile, ma alcuni passaggi necessitano dell'uso delle mani per facilitare il superamento di qualche gradone. Davanti a noi una croce di ferro ci fa capire che ci siamo, siamo arrivati sulla Cima Lovertina (Bastiot). Vale la pena fermarsi qualche secondo anche se stiamo disputando una competizione. Il panorama è superbo. Sotto di noi la Val di Non, più in là le Dolomiti della Val Gardena e della Val di Fassa, il gruppo delle Pale di S. Martino e il Lagorai. A nord il gruppo delle maddalene con all’orizzonte, il luccicare della cresta di confine. 1100 metri sotto di noi il Lago di Tovel che con le sue limpide acque fa da specchio naturale alla catena settentrionale del Brenta. Ora solo discesa, tanta discesa. Al traguardo mancano ancora 7 km ma soprattutto è posizionato 1500 metri più in basso. Un tratto senza particolari difficoltà, in meno di 10 minuti ci riporta a Malga Termoncello dove troviamo il sesto ristoro (16 km 1860 m). Giriamo a destra. Il sentiero è veloce e scorrevole. Un km esatto e siamo a Malga Loverdina (1771 m). Poi giù ancora verso valle. Qui si perde quota velocemente, per parecchi minuti saremo immersi nella selvaggia foresta di larici. Nessuno interromperà la nostra quiete. Presto però il sentiero ci porterà sulla strada forestale dove troveremo l'ultimo ristoro (18,5 km 1240 m). Si riprende il sentiero abbandonato 20 metri prima, il primo tratto è molto facile, in leggera discesa, si va veloci. Per poco però. Improvvisamente la pendenza aumenta. Una serie di curve molto ripide e molto ravvicinate lo rendono piuttosto impegnativo. Al termine della discesa giriamo a sinistra e una breve mulattiera dismessa ci immette sulla strada del Valon. Ci siamo, manca meno di un km all'arrivo. Si sente già la voce dello speaker che annuncia il nostro arrivo. Attraverso un ultimo piccolo sentierino  costeggiamo l’ antica chiesetta e l’eremo di San Pancrazio, ed ecco lo striscione. È finita. 23 km, 2100 m di dislivello. Un mix di forza, resistenza, coraggio e un pizzico di follia che in uno skyrunner non dovrebbe mai mancare. Il tutto inserito in un ambiente selvaggio non ancora contaminato dal grande turismo di massa.


Sul medesimo percorso, nella sua parte iniziale, si sviluppa la BrentaRun, gara più corta ma non meno avvincente!!
A malgaArza, a quota 1500, anzichè salire ancora verso le cime, inizia la discesa che si aggancia sull’ ultima parte della wildrace, quindi la picchiata, che tutta su dorsale panoramica, conduce all' eremo di  S. Pancrazio e dopo un ultimo chilometro di discesa, all' arrivo!

 
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